venerdì 9 settembre 2011

ARCHEOLOGIA

ARCHEOLOGANDO...


MICENE E TIRINTO: STRANE SCOPERTE

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

[Veduta aerea di Micene - 48K .jpg][Tombe del "circolo A" - 35K .jpg][Ingresso a Micene dalla Porta dei Leoni - 32K .jpg][Il triangolo decorato con due leoni rampanti - 36K .jpg][Vaso in oro rinvenuto nel "circolo A" - 20K .jpg][Rhyton a forma di toro dal "circolo A" - 30K .jpg][Diadema in oro del "circolo A" - 33K .jpg][Maschera in oro - 48K .jpg][Museo Archeologico di Atene: reperti in oro delle tombe di Micene - 22K .jpg][Prima stele con scena di caccia - 56K .jpg][Museo Archeologico di Atene: visione della seconda stele - 26K .jpg][Particolare della seconda stele - 22K .jpg][Terza stele - 30K .jpg]


[Ricostruzione della scena raffigurata nella terza stele - 34K .jpg][Primo piano del gioiello pastorale, rinvenuto nel "circolo A" - 28K .jpg][Museo Archeologico di Atene: gioielli ritrovati nel "circolo A" - 22K .jpg][Ricostruzione del gioiello pastorale - 38K .jpg][Ricostruzione tridimensionale: arca, rampa di scale ed altare per sacrifici - 27K .jpg][Pietra ciclopica nel corridoio di accesso alla tomba di Atreo - 37K .jpg][Ingresso Tomba di Atreo - 30K .jpg][Tomba di Atreo: architrave con triangolo di scarico - 31K .jpg][Tomba di Atreo: particolare dell'architrave - 29K .jpg][Tomba di Atreo: posizionamento delle pietre della volta - 48K .jpg][Tirinto: corridoio con le pietre contrapposte - 56K .jpg][Vaso a forma di anatra rinvenuto nel "circolo B" - 23K .jpg][Tazza di Vaphiò - 41K .jpg][Spada rinvenuta nel "circolo A" - 11K .jpg][Gioielli rinvenuti nel "circolo A" - 38K .jpg]


Quando in Egitto, secondo la scienza ufficiale, i faraoni erigevano costruzioni come le piramidi, contadini, pescatori e pastori asiatici erigevano la città di Troia e mentre questa poneva il suo dominio sulle rive opposte dell'Egeo, lungo la strada percorsa dai mercanti carichi di mercanzie provenienti dall'Egitto, dalla Fenicia e da Creta, si ergeva, nascosta dalle alture presenti nella vasta pianura, una città leggendaria protetta da mura megalitiche: Micene.
Poco distante da essa, nei pressi della costa, sopra uno sperone di roccia calcarea, un'altra città fortificata con il suo porto: Tirinto.
Luoghi che il tempo seppellì fra le sue spire fino a quando l'archeologo Heinrich Schliemann, nel 1876, li riportò alla luce e con essi una civiltà fino a quel tempo sconosciuta: quella Micenea. Una società gerarchica composta da guerrieri, organizzati in una struttura politica che vedeva al suo vertice un sovrano che concedeva terreni ai suoi fedeli sudditi in cambio di servigi militari. Una società che sfruttava la terra in modo organizzato e trasformava i prodotti, con una notevole produzione di oggetti artigianali di alto livello.
Sul ripido colle roccioso di Micene rividero il sole i resti di mura ciclopiche, l'ingresso monumentale alla rocca, la famosa "porta dei leoni" e un dedalo di tombe fra cui spiccava un grande edificio dal soffitto a volta, dove, erroneamente, si ritenne fosse stato sepolto Agamennone.
Dagli scavi riemerse il palazzo dove vissero Proteo, Atreo e Agamennone, Egisto e Clitennestra, personaggi dei miti e delle leggende tema dei grandi poemi epici, quali l'Iliade e l'Odissea di Omero, le Odi di Pindaro e le tragedie di Eschilo, Sofocle e Euripide.
Uno stupendo palazzo posto in cima alla rocca, una grande Acropoli che occupava novecento metri quadrati, formato da un vasto ambiente interno consistente in una sala che fungeva anche da soggiorno, davanti alla quale si apriva una grande corte. Sulle pendici le case, fuori le mura le abitazioni dei mercanti e le tombe a cupola nascoste da enormi tumuli artificiali.
Antichi miti, di cui si perdono le origini, attribuiscono la fondazione di Micene alla dinastia degli Atridi; la leggenda narra che Proteo, re della città, commissionò a sette ciclopi di erigere proprio le mura di Tirinto e di Micene. Il popolo che diede vita alla civiltà Micenea aveva un'origine indoeuropea, sembra provenisse dall'Asia ad ondate successive e si sia fuso con la popolazione locale a partire dal 2300 a.C.
La città di Micene costituì, tra il 1450 e il 1250 a.C., il principale centro della civiltà micenea, fiorita durante la tarda età del Bronzo (1600-1100 a.C.). Con la sua ascesa la zona raggiunse l'apice del proprio splendore, ottenendo l'egemonia sul resto della Grecia meridionale ed espandendosi fino alle coste del Medio Oriente e dell'Italia.
La Grecia era formata da singoli Stati; Micene controllava l'Argolide e Corinto attraverso i suoi numerosi vassalli, benché il centro che aveva la più alta concentrazione della popolazione delle borgate e delle campagne fosse Atene, nell'Attica, che guadagnò nel tempo una netta superiorità nella regione.
Nell'impossibilità di espandere il proprio dominio attraverso il territorio della penisola balcanica a causa della conformazione prevalentemente montuosa, Micene costruì una possente flotta con la quale, ottenne il dominio del Mar Egeo sostituendosi alla civiltà minoica e intensificando i traffici commerciali verso l'Egitto, Sira, Fenicia.
Sotto la direzione di Micene principi e cavalieri, con le loro navi, raggiunsero luoghi lontani dove eressero le loro fortezze e iniziarono il commercio. Centri micenei sono stati scoperti a Taranto, Lipari, Ischia, Malta, Cipro.
I re Micenei dominavano anche sul Peloponneso e sul resto della Grecia, come attestano le testimonianze trovate nell'Argolide a Babati, Pilo, Larissa, Laconia.
Quella Micenea era una civiltà unitaria che volle distinguersi attribuendosi anche un nome e chiamandosi Achea.
Gli Hittiti, nei loro testi, narrano di un uomo chiamato Harissiyas che combatté contro di loro schierando ben cento carri da guerra, identificato con Atreo re di Micene; di una terra chiamata Achiawa dove i principi si definivano Achei e di un popolo, gli Ahhiyava, secondo gli Egizi si trattava degli Acaivasa.
Organizzati in Città Stato sotto il dominio dei rispettivi sovrani, usavano risiedere in cittadelle fortificate, circondate da mura megalitiche comuni a molte altre culture antiche, in acropoli che costituiscono ancor oggi uno degli aspetti più caratteristici del paesaggio greco.
Strutture innalzate utilizzando avanzate tecniche di costruzione comprendenti sistemi di drenaggio e per l'approvvigionamento idrico; garantito anche in caso di assedio in quanto nelle mura ciclopiche, alte e spesse, erette utilizzando blocchi di eccezionali dimensioni e sfruttando le caratteristiche orografiche, si aprivano alcuni passaggi sapientemente mimetizzati, attraverso i quali venivano garantite anche le comunicazioni.
Intorno alla città di Micene una cinta muraria ciclopica, ancora oggi in ottima conservazione, alta diciotto metri e spessa otto, comprendeva anche le tombea fossa sopra le quali vennero alzate alcune steli.
All'interno della città si accede attraverso la Porta dei Leoni, che si pensa posta in essere nel 1250 a.C. quando fu ampliata la cinta muraria. La porta inquadrata da quattro colossali monoliti, presenta un architrave formato da un unico blocco di pietra dello spessore di tre metri, sormontato da un lastrone triangolare alto quasi tre metri, con funzioni di scarico, decorato con due leoni rampanti ai lati di una colonna sacra, simbolo della divinità protettrice del luogo, una grande Dea Madre; chiaro riferimento alla civiltà Cretese.
Dalla porta dei Leoni si entra al vigneto reale da cui partono i gradini che conducono alla cima del colle e al palazzo reale che domina l'intera vallata.
A sinistra della strada che porta alla rocca, gli ingressi di piccole tombe a camera o a talamo, tholos, ricavate nei versanti rocciosi che consistono in una specie di stanza circolare, detta talamo, accessibile attraverso un corridoio scavato fra pareti della collina artificiale chiamato "dromos". I morti venivano depositati sul suolo della tomba, una semplice fossa nel terreno, rivestita di pietra grezza, uno accanto all'altro, assieme agli oggetti che li accompagnavano.
Attraverso i lavori di scavo, all'interno del cerchio di pietre chiamato appunto "circolo A", vennero alla luce sei tombe a fossa decorate con motivi a spirale e scene di caccia, dentro le quali riposavano i resti di uomini, donne e bambini. Gli uomini portavano sul volto una maschera d'oro cesellata finemente che riproduceva le fattezze del viso. I corredi funebri erano formati da coppe d'oro, gioielli, spade e pugnali con fregi dorati, vasi di terracotta con viveri e profumi. La IV tomba conteneva tre uomini e due donne con indosso raffinati abiti, lamine d'oro a foglia con motivi di rosette e polipi.
Notevoli anche i reperti rinvenuti nel cosiddetto "circolo B" fra cui spicca unvaso a forma di anatra.
Schliemann compilò ben 260 pagine per descrivere gli oggetti preziosi ritrovati:diademi, corone d'oro, centinaia di foglie d'oro con decorazioni di animali, fiori e farfalle. Gioielli raffiguranti leoni, gufi, cervi, donne con colombe e altre figure. Croci, rosette, spille, fermagli, cristalli di rocca. Gemme e ametiste. Maschere e pettorali in oro, con i quali, secondo la tradizione, si usava proteggere i defunti. Anelli a sigillo, bracciali, fasce frontali, cinture, centinaia di bottoni, tutti in oro.
Come accennato sopra, ad indicare il luogo di sepoltura furono collocate lastre funerarie verticali con incise scene ritenute di caccia e simboli sacri a cerchi.
Recentemente è stato rilevato che le lapidi poste sopra le tombe sarebbero la prova che alcuni individui del popolo ebraico fuggiti dall'Egitto al tempo di Mosè, essendo di origine greca, ritornarono nella loro patria e qui furono sepolti.
Erroneamente Schliemann fu certo di aver trovato gli eroi della guerra di Troia e il re Agamennone; di fatto le tombe scambiate per quelle dei re risalirebbero a 3500 anni fa, cioè al 1500 a.C.; ben trecento anni più antiche dell'epoca di Agamennone. Al loro interno oltre ad un quantità cospicua di oro, furono rinvenute coppe e spade di fattura egizia che sembrano confermare il luogo di provenienza dei defunti.
Le steli funerarie, conservate nel Museo Archeologica di Atene, rappresentano scene di caccia, per la precisione un auriga, che insegue un nemico. Nella prima lapide presa in esame, partendo dall'alto, i disegni riprodurrebbero onde marine e così in basso; il mare che si divide e lascia un passaggio centrale dove un auriga armato di spada insegue un uomo che brandisce un bastone.
In una lapide, un bassorilievo consunto dal tempo, l'uomo braccato si ferma e punta il bastone contro il guerriero. Osservando la figura, l'uomo col bastone, si trova in un punto più elevato, mentre il carro e i cavalli sono su un livello più basso; il mare li circonda, le onde sono più alte, indicando li loro avvicinarsi.
La terza lapide, infine, che si trova in un altro Museo, mostra l'acqua che ha travolto il carro, il guerriero e i cavalli sono raffigurati con le gambe all'aria. Non si può fare a meno di vedere Mosè che divide le acque del Mar Rosso.
Riportando il bassorilievo in proiezione tridimensionale, gli studiosi hanno avuto l'idea esatta dell'accaduto. Qualunque ipotesi si possa emettere; ossia semplice raffigurazione di una storia tramandata al tempo, o pura coincidenza figurativa, è comunque intrigante.
Perché simili steli sono state posizionate su alcune tombe di Micenee antiche di 3500 anni? Pensando al loro uso, al loro significato, non si può fare a meno di evincere che vi furono sepolti alcuni ebrei provenienti dall'Egitto che vissero in prima persona i fatti raffigurati sulle steli.
Potremo addirittura trovare spiegazioni plausibili circa l'episodio. Circa nel 1500 a.C. si segnala l'eruzione del Santorini che avrà prodotto terremoti, esplosioni e colonne di petrolio in fiamme, quelle stesse colonne di fumo e fuoco che accompagnarono di gli ebrei in fuga, attraverso il deserto che da Elim porta a Timna e al Sinai.
Da annotare che nel Museo, fra i tanti reperti ritrovati a Micene figurano un pannello di sette metri decorato con grifoni e fanno bella mostra di sé tre placche d'oro, rinvenute nelle tombe del "circolo A", che gli esperti credono siano la rappresentazione di un solo oggetto "pastorale" di 3500 anni, ossia la riproduzione di un edificio formato da una costruzione centrale e due laterali con doppie corna sull'architrave.
Al contrario, secondo alcuni studiosi, si tratterebbe della raffigurazione di tre oggetti visti in una prospettiva frontale: un altare, la rampa di scale e un'arca con uccelli ad ali spiegate.
Pur astenendoci da ogni giudizio e commento in merito, come è giusto che sia, riteniamo lecito chiedersi per quale motivo un simile oggetto sia finito in una tomba greca, considerando anche la sua vetustà.
Nella Bibbia è scritto che fu la tribù di Dan a eseguire a mano l'arca; i prescelti furono Bezaleel e Oliab. Omero, stranamente, chiama la gente di Micene "componenti della tribù di Danna" (Danaor). Un collegamento? Particolare fra l'altro che ci ricorda la Tribù di Dana e il popolo dei Tuatha. Casualità?
A Micene sono state rinvenute anche le testimonianze più antiche riguardo l'imitazione del modello egizio, sia nel tentativo di mummificazione, sia nel numero di arredi e l'uso di carri da battaglia.
Fra le tombe a cupola, consistenti in un edificio formato da una camera circolare coperta da una cupola parabolica, le tombe di Clitemnestra e di Egisto, fuori la Porta dei Leoni.
Ancora nessuno ha trovato il sepolcro del re Agamennone.
La tomba più suggestiva è quella nota come "tesoro di Atreo", con una copertura piana e una sovrapposizione graduale di blocchi di pietra a forma di cono, che hanno permesso il suo mantenimento perfetto nel tempo, in quanto idonea a resistere alla pressione del terreno che la ricopre.
È situata lungo la via d'accesso alla cittadella, nascosta sotto una collina artificiale.
Tutto il tholos è scavato nel versante di un colle. Un corridoio di accesso lungo 36 metri, largo 6 e fiancheggiato da alte mura declinanti nel lato del monte, formate da pietre squadrate, alcune di notevole mole, circa tre metri di lunghezza e un metro di altezza, perfettamente posizionate fra loro.
La porta d'accesso alta dieci metri è sormontata da due enormi architravi, uno dei quali pesa 120 tonnellate e da un triangolo di scarico di notevoli dimensioni la cui pietra risulta mancante in quanto non ritrovata. La costruzione principale ha un diametro di circa 14,5 metri e le pareti sono costituite da una serie di blocchi di pietra calcarea posti in cerchio che si stringono verso l'alto; formano 33 anelli concentrici di pietre accuratamente squadrate e connesse senza l'uso di materiale coesivo. La lastra di chiusura della cupola è posta a una altezza di oltre tredici metri dal suolo, quasi il diametro della base.
Ritorna la precisione e la cura usata dagli antichi nel loro sistema costruttivo, nella preparazione di ognuno dei grandi blocchi di pietra di cui è composta la cupola in modo da poter resistere alla pressione orizzontale e verticale del terreno e ricavare una superficie interna perfettamente liscia, evitando l'uso di sostegni interni.
Un monumento simile è stato eretto a Roma solo oltre un millennio dopo: il Pantheon.
L'Architettura Micenea ci ha lasciato monumenti fra i più suggestivi di tutti i tempi, costruzioni che si ricollegano ad altre culture. Città contraddistinte da tombe a cupola, locali coperti con lastroni di pietra di notevole spessore, si trovano in Irlanda, Spagna, alle Canarie a Fuerteventura.
Non di minore importanza le costruzioni di Tirinto, seconda città micenea dove si narra nacque Eracle. Il palazzo, una fortezza del tipo Megaron come quella di Micene, ha mura alte sedici metri, spesse un metro, formate da blocchi di tre metri, posizionate sopra un massiccio di calcare la cui base è di oltre otto metri. Una costruzione che include atri, colonne, sale, cortili, propilei e un bagno con il pavimento ricavato da un'unica pietra calcarea.
Spettacolare il corridoio d'accesso formato da pietre di notevole mole che si sostengono fra loro.
I palazzi di Micene e Tirinto presentano una pianta simile a quella del palazzo di Cnosso. Una reggia ornata da pitture murali, da vasi con motivi geometrici simili a quelli fenici, ed egizi. L'influenza minoica ne condizione l'arte, la lavorazione dei metalli, l'oreficeria, la ceramica.
Di raffinata lavorazione la tazza di Vaphiò proveniente da una tomba regale in Laconia del XV secolo, con scene della cattura di tori.
La civiltà Micenea trova molti punti in comune con quella Cretese. I quartieri dotati di bagni e sistemi idrici. I locali delle case erette su diversi piani si presentano decorati con affreschi che richiamano la civiltà Minoica come quello di un uomo che cavalca un toro inferocito. Con le stanze inferiori che fungevano da magazzini per le merci, dove erano sistemati vasi di coccio e anfore per il vino chiuse con l'argilla; a Pilo si sono rinvenuti vasti depositi di tale bevanda, grandi orci colmi di olio di oliva, merce preziosa, usato in medicina, nell'alimentazione e per la cura del corpo.
Micene usava riscaldare grandi anfore di olio mescolato ad erbe profumate, per ricavare oli aromatizzati, una delle maggiori fonti di guadagno, insieme alle pregiate ceramiche prodotte a Cipro. Il commercio era diretto verso l'Egitto, la Palestina, la Siria, la Sicilia e Ugarit; si esportavano olio, vino, spezie, ceramica, vasi pregiati, mobili con intarsi di avorio.
I Micenei da guerrieri si erano anche trasformati in abili contabili, come dimostrano i rari documenti ritrovati redatti in scrittura lineare B, decifrata dall'architetto e linguista Michael Ventris, che ci hanno permesso di apprendere come gli Achei registravano ogni cosa, dalle proprietà terriere al numero degli schiavi, dalla registrazione degli scambi ad ogni dato relativo alle merci; inventari, liste di sacrifici, ordini di mobilitazione che gettano squarci di luce nel modo religioso, sociale e agrario di quel popolo.
Riguardo gli eventi storici non vi sono testimonianze scritte, né esistono elenchi con nomi di re; molto è stato tramandato oralmente dai loro discendenti e tale fatto favorì il nascere di leggende e storie come quelle di Nestore, Giasone, Edipo, della guerra di Troia. (1)
Poi la decadenza.
Ad un tratto, ovunque, si rinforzano le difese, a Micene si scava nella roccia viva una galleria sotterranea e una derivazione per portare l'acqua di sorgente fra le mura; è ancora visibile l'ingresso della "Fonte Persea", e una porzione del tunnel sotterraneo con oltre cento gradini. A Tirinto si rinforzano le mura e si aumentano le opere di approvvigionamento, a Pilo viene requisito il bronzo anche dai templi per forgiare nuove armi.
Le ipotesi del declino non si fondono certo nell'ira funesta di Achille, ma nella decadenza della monarchia di fronte alla potenza dell'aristocrazia e la successiva invasione dei Dori dal nord.
Verso il 1240 a.C. orde barbariche penetrarono nel territorio e le città micenee caddero una dopo l'altra; il palazzo di Tirinto venne incendiato, le pietre con il calore si cementarono con l'argilla che le teneva assieme.
Lo splendore di Micene fu interrotto bruscamente da un incendio sviluppatosi circa nel 1200, in seguito al quale fu gradualmente abbandonata. Bruciarono le case fuori le mura di Micene, tutti gli altri siti furono interamente distrutti e poco rimane di loro.
I primi popoli ad invadere il territorio furono i Filistei, i Sardana, i Danai, i Takara. Più tardi i Dori irruppero nell'Egeo occupando Creta, Delfi, Cnido, Alicarnasso, la Beozia e la Tessaglia; ma non cancellarono la civiltà greca che ne uscì rafforzata completando ciò che era iniziato nell'età Micenea.
Come scrisse Schliemann, sono state distrutte oltre 3200 anni fa, ma le loro rovine sono talmente salde da durare per altri 10.000 anni; le loro mura ciclopiche non possono sparire in poco tempo.
La scomparsa della cultura Micenea determinerà la nascita di una nuova società che diverrà la base della cultura della Grecia Classica.
Di quella civiltà rimangono i miti e le leggende, le storie cantate dagli antichi poeti, quelle di Atreo e Tieste, della morte di Tantalo, del sacrificio di Ifigenia, della congiura di Clitemnestra e Egisto, della vendetta di Oreste; le storie degli Achei e delle loro divinità, delle loro eroiche gesta, dei loro condottieri e delle grandi tragedie che li coinvolsero, dei fatti sanguinari che si perpetrarono in quell'epoca; storie che ancora oggi ci affascinano e ci trascinano nelle regge regali di uno dei grandi popoli dell'antichità.

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