martedì 13 settembre 2011


EDIZIONE STRAORDINARIA – In Somalia e in tutto il Corno d’Africa è tragedia. 500mila bambini stanno morendo di fame e oltre due milioni hanno i giorni contati

 | 25 luglio 2011 0 Commenti

25 Luglio 2011 ore 15:47 “FATE PRESTO” E’ questo il grido d’aiuto che si leva alto al mondo intero. A gridare “aiuto” sono oltre 500mila bambini che stanno morendo di fame. Non sono bastate le parole del Santo Padre per far ragionare i grandi del mondo, la tragedia in Somalia e in tutto il Corno d’Africa è esplosa con tutta la sua violenza, portando dietro di se morte e disperazione, e tutto accade nell’indifferenza del mondo, cosiddetto, civilizzato. «Tra Somalia, Etiopia e Kenya, sono circa 2,3 milioni i bambini già affetti da malnutrizione acuta». Oltre mezzo milione di bambini stanno morendo a causa di malnutrizione acuta grave. È quanto afferma Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef. «Già prima dell’emergenza – si legge in una nota – questi bambini erano tra i più svantaggiati del mondo. Vivono in bilico e diventano più vulnerabili giorno dopo giorno, privati di ogni bisogno umano e di ogni diritto fondamentale». «Si tratta di un doppio disastro. La situazione è terribile in Somalia e nei campi profughi in Kenya e in Etiopia – continua – ma si estende ben oltre: alle comunità pastorali di tutta la regione minacciando le persone e il loro modo di vivere e sostentarsi. Questa carestia non è solo questione di cibo. È una questione di scelta obbligata. La comunità globale non si trova di fronte a una scelta circa la risposta da dare – prosegue – perchè, di fronte a un’emergenza così evidente, non ci può essere altra scelta se non quella di agire subito». «Per salvare vite umane – sottolinea – la risposta umanitaria globale deve essere immediata. Stimiamo che il fabbisogno totale dell’Unicef per gli interventi di emergenza è di circa 300 milioni di dollari fino alla fine del 2011. Nonostante i contributi significativi ricevuti da parte di molti governi e donatori privati attraverso i nostri Comitati nazionali, l’Unicef deve ancora affrontare un deficit per i bambini e le famiglie di oltre 200 milioni di dollari». «In Africa si sta consumando una nuova strage di innocenti e noi non stiamo facendo nulla per fermarla. I primi a morire sono i bambini. Muoiono di ora in ora, a centinaia. In migliaia non ci sono già più. Quelli che non sono ancora stati raggiunti dalla morte stanno sopportando le più strazianti pene dell’inferno». Lo sottolinea in una nota il Coordinatore nazionale della Tavola della pace, Flavio Lotti. «Dodici milioni di persone, una massa sterminata di gente. Un mix mortifero di fame, sete, malnutrizione, infezioni, malattie, migrazioni forzate, violenze di ogni genere. Una nuova immensa emergenza umanitaria. La più grave del nostro tempo e il mondo – si chiede – che fa? Per l’ennesima volta scarica tutto su un manipolo di organizzazioni della società civile e di agenzie umanitarie dell’Onu, alle quali nega persino le risorse necessarie per intervenire come si dovrebbe – incalza – 300 milioni di dollari per i prossimi due mesi, un miliardo e seicento milioni secondo Ban Ki Moon. Niente a confronto di quanto spendiamo ogni giorno per la guerra». «Contro questa vergogna abbiamo il dovere di mobilitarci. Il mondo deve intervenire subito – prosegue – con tutte le risorse e gli strumenti necessari. Serve una grande missione umanitaria, una vera e propria missione di pace. L’Italia, l’Europa, l’Onu devono assumere l’iniziativa senza ulteriori esitazioni. Nessuno si permetta di dire che c’è la crisi, che non ci sono soldi. Niente scuse». «Questa crisi è ben più grave di quella che ha provocato l’intervento occidentale in Libia. Se si trovano i soldi per continuare a muovere gli eserciti si debbono trovare anche i soldi per muovere il cibo e i soccorsi – fa sapere Lotti – e fermare la strage della fame non può essere meno importante che fermare le stragi di Gheddafi». «Questa tragedia è un terribile combinato di guerra, disuguaglianze, siccità, carestia, aumento del prezzo del cibo, cambiamenti climatici, colonialismo, sfruttamento, traffici di armi e di veleni, inadempienze, indifferenza e cinismo. Le nostre responsabilità – sottolinea – affondano le radici nella storia e non abbiamo modo di tirarci fuori. Se continuiamo a non fare nulla pagheremo il prezzo della nostra insensibilità e miopia». «Apriamo gli occhi. È urgente. La politica si occupa d’altro ma noi non possiamo permettercelo – prosegue – dunque mobilitiamoci. Contro la fame e la guerra. Ciascuno faccia il possibile per far sentire da subito la propria voce. Facciamolo in modo serio e concreto, mettendo al centro la vita di quelli che vogliamo salvare. E poi organizziamo insieme una grande Marcia per la pace da Perugia ad Assisi. Se vogliamo cambiare questa politica vergognosa – conclude il Coordinatore nazionale della Tavola della pace – il prossimo 25 settembre dobbiamo essere in tanti, giovani e meno giovani, da ogni parte d’Italia. Per gridare la nostra indignazione e per organizzare la speranza. Se altri restano a guardare, noi diamoci da fare».
«La risposta deve anche essere mirata, – fa sapere il direttore generale dell’Unicef – raggiungendo prima di tutto chi ha maggiore bisogno e chi è più a rischio, ma deve anche mettere a regime operazioni di assistenza preventiva a favore delle persone che vivono nelle aree colpite da siccità e carestia. E la risposta deve essere flessibile – continua – applicando una serie di modalità in diverse circostanze e adattando la nostra risposta alle condizioni e alle esigenze locali». «L’unica cosa su cui dobbiamo essere inflessibili è l’urgenza di agire, e agire ora – incalza – sia per rispondere ai bisogni immediati, sia per ricostruire il futuro. Per le sue stesse cause, è probabile che questa crisi umanitaria continui, – prosegue – e dobbiamo aiutare i bambini e le famiglie del Corno d’Africa a resistere». «L’Unicef – conclude – apprezza molto la generosità della comunità internazionale. I contributi ricevuti stanno già salvando molte vite. Ma adesso abbiamo la possibilità di fare molto di più. Ogni giorno può significare la differenza tra la vita e la morte, su larga scala, ma anche al livello del singolo essere umano. Perchè anche di fronte a una carestia che affligge milioni di persone, ogni singola vita conta. E noi contiamo su tutti voi». 

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